mercoledì 22 dicembre 2010
Amniocentesi, si cambia
Amniocentesi, si cambia. Secondo le nuove linee guida messe a punto dall’Istituto Superiore di Sanità, su indicazione del Ministero della Salute, l’amniocentesi non verrà più offerta dal Servizio Sanitario Nazionale a tutte le donne con più di 35 anni, ma solo a quelle che avranno avuto un risultato positivo all’ultrascreen.
In quest’ottica l’amniocentesi e la villocentesi vengono declassati a esami di secondo livello, da effettuarsi solo se gli altri screening hanno dato risultato positivo.
Il cambiamento è sostanziale e non solo di forma, perché l’accesso gratuito all’amniocentesi per tutte le donne over 35 in qualche modo suggeriva che si trattasse di un esame quasi indispensabile per diagnosticare le malformazioni fetali.
Oggi, invece, con questa inversione di rotta gli screening mini invasivi passano in prima linea nella diagnostica di routine.
Insomma, da domani se una donna vorrà sapere che rischio c’è che il bambino nasca con una malformazione genetica dovrà prima effettuare la translucenza nucale (ecografia che si fa tra le 11 e le 13 settimane di gestazione e misura lo spessore di alcuni tessuti nucali, che nei soggetti con sindrome di Down risultano troppo spessi) e il bi-test (esame del sangue che misura i valori della Gonadotropina Corionica e quello della Plasma Proteina Associata alla Gravidanza): due esami i cui risultati vengono combinati insieme in quello che viene chiamato ultrascreen (il risultato della combinazione tra questi valori e l'età materna offre un rischio probabilistico).
Se il risultato dell’ultrascreen è positivo alla donna verrà consigliata (e a quel punto offerta dal Servizio Sanitario nazionale) l’amniocentesi, che invece un esame diagnostico (e non basato sul calcolo della probabilità) e che permetterà di sapere se il bambino è affetto da un’anomalia cromosomica.
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