martedì 17 febbraio 2009

Sul banco degli imputati questa volta c'è l'allattamento al seno


Uno studio davvero controcorrente quello che hanno deciso di affrontare i ricercatori del Sunderland Royal Hospital britannico. Sul banco degli imputati sale – udite, udite – l’allattamento al seno. L’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia di allattare elusivamente al seno per i primi sei mesi, l’allattamento esclusivo viene promosso in ogni dove e le proprietà nutritive del latte materno, assolutamente indubbie, diventano baluardo di ogni discussione o dibattito che abbia come oggetto l’allattamento.
Negli ultimi decenni si è assistito ad un’autentica crociata in favore dell’allattamento al seno e contro quello artificiale, tanto che molte mamme che non riescono o non se la sentono di allattare finiscono col dover fare i conti non solo con la depressione post-parto, i dolori, la stanchezza, la paura del nuovo compito di mamma e mille altri sentimenti contrastanti, ma anche con un senso di colpa nuovo di zecca perché come il latte di mamma non c’è nulla e se non riesci a nutrire il tuo bambino con il tuo latte quasi quasi sei una mamma di serie B (un po’ come se non hai partorito spontaneamente).
Ora questo ricercatore britannico, Sam Richmond, sta studiando l’incidenza di un disturbo chiamato disidratazione ipernatremica, che si verifica quando la perdita di acqua è superiore a quella dei sali, un disturbo che sembra stia interessando un numero sempre maggiore di neonati.
In pratica se il piccolo non assume una quantità sufficiente di latte nei primi giorni di vita i livelli di sodio nel sangue salgono drammaticamente e se non si interviene tempestivamente possono verificarsi danni piuttosto seri. Naturalmente si tratta di una circostanza molto rara che, però, secondo i ricercatori si sta verificando un po’ più spesso negli ultimi tempi ed è ricollegabile proprio alla volontà di allattare al seno ad ogni costo.
Per indagare sulla questione gli studiosi hanno chiesto all’Unità di Sorveglianza Pediatrica britannica di compilare un rapporto ogni quattro settimane per segnalare il numero di bambini soggetti a disidratazione grave. Lo studio durerà 13 mesi al termine dei quali sarà possibile fare il punto sulla situazione e agire di conseguenza.
La risposta non è per forza il ricorso al latte artificiale.
Forse basterebbe aumentare la rete di sostegno alle mamme nei reparti di ostetricia, oppure sarebbe sufficiente offrire un supporto a quelle che hanno difficoltà ad allattare e che troppo spesso vengono lasciate sole con frasi di circostanza che ribadiscono quanto “il latte fa bene e quanto sia importante”, senza che ricevano alcun sostegno concreto per far sì che l’allattamento al seno diventi una esperienza appagante e sana per mamma e bebè.

2 commenti:

Marilde ha detto...

Non sai quanto mi faccia piacere leggere di questa ricerca in controtendenza. Sull'allattamento al seno c'è davvero una pressione assurda che crea sensi di colpa in abbondanza. E la cosa grave è che spesso sono le ostetriche stesse che non si rendono conto di quanto sia eccessivo il loro atteggiamento. E' davvero ora che si torni a un po' di sano buon senso.

Anonimo ha detto...

cara Marilde,
ho avuto grandi difficoltà ad allattare e alla fine ho optato per il latte artificiale, ma non ho mai vissuto questa circostanza come un problema, non l'ho mai usata come un criterio di valutazione della mia qualità di madre, invece sembra che chiunque mi chieda "ma allatti"? alla mia risposta negativa se ne faccia un serio cruccio come se il problema fosse il suo. una delle fissazioni un po' talebane che circondano alcuni aspetti della maternità.
un affettuoso saluto
francesca